Ombre di un processo / 3 di Carla Baroncelli

17 ottobre 2017 – Dopo la prima udienza del processo Ballestri

Oggi gioco con i condizionali.

Se una vostra conoscente, una signora istruita, lettrice, attenta alle donne, vi dicesse: Non posso credere che suo marito abbia fatto una cosa così crudele … forse era molto arrabbiato e non ci ha visto più … gli uomini quando perdono la testa, non ci vedono più … poi si pentono. Magari a questo gli è venuto un raptus di follia, un colpo di testa … un momento di debolezza.

Se una donna, che si sta separando dal marito, scrivesse, come ha realmente fatto, dei messaggi al nuovo compagno, di questo tipo: ti vorrei chiamare, ma lui è una iena … domattina devo andare via con lui per vedere dei quadri, ma non mi fido … ha giurato sui miei figli che non mi farà del male … mi auguro che disastro non avvenga … oggi ho ribadito che non lo amo … mi dice che l’ho disonorato e che sono guai miei … può fare quello che vuole, ma non mi uccide. E’ debole e a volte mi fa tenerezza …

Se poi questa donna venisse trovata uccisa crudelmente … mi viene da chiedere: ma perché le donne scusano gli uomini, li perdonano sempre, e, nonostante tutto, continuano a provare tenerezza?

Eccola là, la trappola, in cui cadiamo noi donne. Non ci arrendiamo mai. E’ difficile credere che il proprio marito possa essere una iena fino in fondo. E’ uno stimato professionista dal perenne sorriso pubblico. E io l’ho disonorato. Non lo amo, ho detto che sono sfinita … ma aspetto … per i figli, per la famiglia e la gente … ha giurato sui miei figli che non mi farà del male. Non mi fido … però poi mi fido, è un debole, a volte mi fa tenerezza, e vado con lui in una casa abbandonata. Ed è lì che mi aspettano i guai miei.

Se la vostra conoscente vi mostrasse le foto sui giornali di lei e il marito in abiti da sera che sorridono, teneramente allacciati, e dicesse: qui sembrano la rèclame di vissero felici e contenti.

A questo punto, se io fossi quella donna uccisa, pretenderei almeno dai giornali il rispetto della mia privacy. Le fotografie sui due sposi, per favore no. NO: non eravamo una coppia perfetta, come dicono le fotografie. Non più. Come succede, come capita.

Una foto è il fermo di un attimo: forse di un lontano passato, forse di una soirée da papillon. E vi pare che in una foto in posa si possano mostrare i dissapori, le rabbie, i disagi? Cheese… click. Potrebbero essere due attori che recitano una parte sulla scena. Foto che, però, potrebbero infondere il sospetto che lei, la donna uccisa, qualche colpa l’avesse per indurlo ad ucciderla. Mentre lei forse avrebbe voluto soltanto calare il sipario su una recita che non ce la faceva a continuare. Ho detto che sono sfinita.

PS. E il diritto di cronaca? Una fotografia di quel tipo aggiunge qualcosa alla comprensione dei fatti? Quale interesse pubblico tutela? E’ essenziale alla notizia? Se rispondessimo di no, sarebbe meglio far riposare quelle fotografie in un album privato. In ogni caso, quelle fotografie mi stringono il cuore ogni volta che le vedo.
(continua)

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