24 novembre 2017 – SESTA UDENZA PROCESSO BALLESTRI
Quanta ferocia. Da non poter guardare. Un massacro. Una violenza rabbiosa. S’immaginano urla disperate. L’accusa aveva chiesto una visione a porte chiuse, considerata la crudezza delle immagini girate dalla polizia scientifica, nella villa di via Genocchi, dall’entrata fino al ritrovamento del corpo di Giulia nello scantinato. L’avvocato della famiglia Ballestri, se con la pancia ritiene si debba rispetto, pietà e riservatezza per Giulia, con la ragione, a nome di Guido, il fratello, ritiene che le immagini vadano viste perché spiegano più delle parole. Il Presidente decide per la visione pubblica. Le immagini scorrono nel grande schermo. Villa: esterno e interno. Guido si asciuga la fronte, posa il capo su una mano, passa l’altra sotto gli occhi. Dal pubblico non un fiato. Sangue sgocciolato, sparso, ripulito. Scie. Strie. Impronte. Poi, il corpo di Giulia. Guido porta le mani davanti alla bocca come a tapparsela. Un tonfo. L’imputato è crollato dalla sedia. Sono le 10 e 25. Pochi attimi e un agente lo rialza. Beve un po’ d’acqua. Pausa. I commenti fuori dall’aula: “poverino non ha retto all’emozione”, “ma si vedeva che era una finta”, ” vuol dimostrare che è innocente?”, “malato di protagonismo”, “narcisista”. La visione interrotta riprende. L’imputato abbassa la testa ogni volta che, sullo schermo, appare il corpo di Giulia. “Una violenza inaudita!”, si sente dire fuori campo dal medico legale. Violenza e sangue. Le parole più ripetute. Sangue. Violenza. Sangue. E se il sangue non ci fosse stato? Se questo femminicidio fosse stato meno sanguinario? Cosa cambierebbe? Non necessariamente serve il sangue per riconoscere la violenza. Soprattutto la violenza di genere. Nelle molestie, per esempio, non c’è sangue, né maltrattamento. Eppure anche la molestia è una violenza di genere, senza, con questo, voler paragonare un femminicidio ad una molestia. Le cronache di questi giorni, riportano che centinaia di attrici hanno denunciato alcuni potenti uomini dello spettacolo di averle molestate. Le denunce sono arrivate tutte in una volta, a distanza di anni dai fatti. “E’ una strumentalizzazione”, ha commentato un’avvocata stamattina. Complicità, ammiccamento da parte di quelle donne? Pochi si soffermano a pensare che dietro una mancata denuncia ci sia una donna che si sente debole, frustrata e sola. Con la paura di perdere i figli. Il lavoro. Una donna ricattata. Anche le molestie sono violenza. Con quelle denunce, finalmente, il privato è diventato pubblico. Sono uno sprone per parlare di violenza di genere. Le vedo come una sfida ai pregiudizi. Mi sembrano un possibile svolta nell’affrontare il tema della violenza contro le donne. Mi pare bellissimo che le donne non vogliano più restare da sole a leccarsi le ferite, ma che uniscano le loro forze, che si diano coraggio a vicenda, e denuncino. Quante donne molestate sul posto di lavoro, non hanno fatto denuncia quando c’è stata la molestia? Quante di noi hanno subito molestie da uomini adulti e non l’hanno detto a nessuno, tranne a qualche amica, che ha aggiunto quelle subite da lei. Ah, la vecchia, cara, autocoscienza degli anni settanta… La violenza contro le donne affonda sempre in una stessa radice. La debolezza degli uomini che usano la violenza come compensazione, facendo leva sugli stereotipi che regolano le relazioni fra donne e uomini. “Se un uomo viene tradito, è normale che diventi violento”, così la pensano 16 persone su cento, secondo l’indagine WeWorld, pubblicata in questi giorni. E per 14 persone su cento, gli uomini diventano violenti per il troppo amore. Ancora lì, siamo. Si dovrebbero abolire gli stereotipi di genere, non solo quelli maschili. Esistono anche gli stereotipi di tante donne che considerano la gelosia, un amore passionale. Una specie di autostereotipizzazione. Siamo tutti viziati dagli stereotipi di genere! Purtroppo, sempre dalla indagine di WeWorld: per 19 persone su cento è accettabile fare battute a sfondo sessuale, e per 17 su cento “fare avances fisiche esplicite non è poi un gran problema”. Gli uomini giustificano la molestia, chiamandola complimenti o avances. I complimenti piacciono a tutte le donne, e anche agli uomini, ma nel momento giusto. Spesso le avances sono fastidiose, fino ad essere assillanti. Quasi sempre sono taciute, per timore. Ma a stabilirne il limite, non può essere altri che la donna stessa in base al suo sentire. Anche gli uomini dovrebbero aiutare se stessi come genere. Tutti gli uomini, anche quelli che non praticano la violenza, dovrebbero chiedersi perché ‘gli uomini agiscono la violenza per risolvere i conflitti?’ Perché non riconoscono la propria debolezza nelle relazioni, a partire da quelle con le donne? La violenza è una sconfitta in ogni caso, uccide il dialogo e, a volte, la vita. In Italia, nei primi dieci mesi di quest’anno, sono già 120 le donne uccise da un femminicida. Nel nostro paese ci sono mille e seicento bambine e bambini resi orfani da un femminicida, che hanno vissuto la violenza nella loro casa. L’hanno subita, sentita. Vista. Già, le immagini parlano più delle parole. Rispetto la scelta della Corte di mostrare le riprese del sopralluogo nella villa. Ma, forse perché sono una donna, perchè ho la sensazione che oggi ci sia stata una ulteriore profanazione del corpo di Giulia? Alla manifestazione del 25 novembre per l’eliminazione della violenza contro le donne, porto con me una immagine di quei video: la fede nuziale nell’anulare di Giulia. E’ deformata. Ovalizzata. Appiattita. Schiacciata. Anche lei, distrutta.