Ombre di un processo / 13 di Carla Baroncelli

19 gennaio 2018 – DECIMA UDIENZA PROCESSO BALLESTRI CONTRO CAGNONI
“Raccapricciante scena di violenza prolungata”, così il commissario della Polizia Scientifica di Bologna, De Paolis, descrive ciò che ha visto nello scantinato della villa di Via Padre Genocchi dove è stata uccisa Giulia.

Oggi, in Corte d’Assise, si è dibattuto per nove ore. Otto delle quali a disquisire di impronte, tracce, minuzie e sangue. I rilievi, con le tecnologie avanzate oggi a disposizione, sono in grado di fornire prove genuine, e di far riemergere impronte e tracce biologiche, fino ad ora invisibili.

S’arrampica sui cavilli procedurali il difensore dell’imputato, ma i suoi equilibrismi non sortiscono effetti di sorta sulla sostanza delle prove contro il suo assistito.

Lascio a chi ne sa di più, le disquisizioni legali sul come è avvenuto il femminicidio, e torno al perché quest’uomo ha ucciso sua moglie, madre dei suoi tre figli.

Mi chiedo: perché quest’uomo si è accanito a quel modo sul suo viso? Perché l’ha resa irriconoscibile. L’ha ridotta al silenzio. Cancellata.

Dalle immagini trasuda odio.
E odio, trasuda anche dall’atteggiamento dell’imputato nei confronti di Giulia, lo si intuisce dalla testimonianza del Luogotenente Negrini, della Guardia di Finanza di Ravenna, sugli accertamenti patrimoniali di Cagnoni.

A quanto risulta dalle precedenti testimonianze, all’inizio del 2016 Giulia, che non ne può più di essere bistrattata dal marito, che le nega amici, svaghi e letture, chiede di separarsi. Vuol tornare a vivere, a lavorare, ad amare.

A metà dicembre ho ricevuto un commento su Facebook a Ombre di un processo/11.
ACHILLE L. scrive: “Dispiace, come i 200 padri che ogni anno si suicidano dopo che una criminale sentenza di separazione toglie loro in un sol colpo casa e qualche centinaio di euro ogni mese… E quelli che non riversano la violenza su se stessi la sfogano sulla partner, ahimè, causando il cosiddetto femminicidio. Non penso sia il caso di cambiare la fantomatica cultura patriarcale ma penso sia il caso di cambiare il cervello ai magistrati. Alcune donne orgogliose, ma sempre ancora troppo poche, capiscono che l’ex marito non è una povera bestia da emarginare e rinunciano con grande dignità ad assegni parassitari di vario tipo e all’esproprio abusivi della casa. Lo ammetto. Ma altre, forti di una magistratura abietta e carogna, speculando intensificano il dramma sociale”.

Non ho risposto, ma lo faccio ora.

Ho trovato in internet un sito che spiega i trucchi (da evasori fiscali) per non pagare gli assegni di mantenimento alle mogli dalle quali ci si sta separando: liberarsi dei patrimoni, azzerare conti correnti, licenziarsi e continuare a lavorare in nero, ricorrere alla Sacra Rota per far annullare il matrimonio, dimostrando l’esistenza di una riserva mentale sugli obblighi di fedeltà, procreazione ecc ….

Orbene, secondo gli accertamenti della GdF, Cagnoni, in marzo del 2016, decide di seguire il primo trucco: svende, per un decimo del loro valore, e regala a suo fratello tutte le case, le villette e gli studi professionali che possiede. Poi mette in pratica il secondo trucco: in luglio azzera i conti e i fondi di investimento. Poi il terzo: durante l’estate non va più a lavorare, in settembre il suo conto corrente ha un rosso di 58 mila euro. In casa si vive con l’appannaggio elargito da Papà Cagnoni (84 mila euro da gennaio a settembre). Non segue l’ultimo trucco degli esperti: non ricorre alla Sacra Rota.

Essendo ormai nullatenente, spera di non dover pagare gli alimenti alla ex moglie. E’ un povero.
In pochi mesi si è liberato di tutto, con la complicità di tutta la sua famiglia. A nessuno è venuto il dubbio, tantomeno al padre esemplare, come si è autodefinito l’imputato, che così agendo i figli sarebbero rimasti senza eredità. (Ne sono certa, Giulia non l’avrebbe mai fatto, come nessun’altra donna avrebbe speculato in modo così abbietto sui suoi bambini).

Probabilmente è il suo odio contro Giulia, che osa ribellarsi a tanto uomo, che gli fa giocare la carta del ricatto economico. Vuoi separarti? allora la bella vita che ti ho fatto fare durante il matrimonio, te la scordi, anzi, potrebbe essere che sia io a chiederti gli alimenti … Ovviamente è una mia fantasia. Per quanto…

Poi, purtroppo, sappiamo come è proseguito il dramma. In agosto il marito scopre il tradimento.
Il 16 settembre si chiude il cerchio dell’inferno. Il volto di Giulia non esiste più. La sua bocca tacerà per sempre.

Torno, per un inciso, al post di Achille.
Si rassicuri, i suicidi degli ex mariti impoveriti diminuiranno drasticamente, perché in maggio del 2017 la Corte di Cassazione (sentenza n. 11504/17) ha rivoluzionato la legge sul divorzio del 1970 per quanto riguarda gli assegni di mantenimento.

Se prima, l’ex coniuge aveva diritto ad un assegno tale da consentire il mantenimento dello stesso ‘tenore di vita goduto in costanza di matrimonio’, con questa sentenza il parametro per stabilire l’importo dell’assegno, di natura assistenziale, è l’indipendenza o l’autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. Cioè se ha redditi e patrimoni o ha la capacità per lavorare o se ha una casa dove abitare, nulla o quasi è dovuto.

Quando uscì la notizia (il primo a godere della sentenza è stato Berlusconi contro Veronica Lario), l’ho archiviata fra i pettegolezzi. Ora invece mi accorgo di quanto grave sia stato questo colpo inferto a molte donne in caso di separazione.

In pratica la donna che non ha mai lavorato fuori casa o ha smesso di lavorare dopo il matrimonio, deve trovarsi un lavoro. E se non lo trovasse? Oppure, visto che è una donna, ne trovasse uno che non le permettesse di mantenersi? E se fosse troppo avanti con l’età? E se lui l’avesse lasciata per una donna più giovane? E se quella donna abbandonata avesse sacrificato interamente la propria vita ad un uomo, rinunciando ai propri studi o al proprio lavoro e alla propria realizzazione personale?

La Cassazione ha stabilito che a queste donne spetta un semplice, e quasi offensivo, assegno ‘assistenziale’. E se fosse stato proprio il marito, come salta fuori in questo processo, ad imporle: “La moglie del dottor Cagnoni non lavora”?

La lobby dei padri separati, quelli ‘ridotti in mutande a vivere sotto i ponti’, si è ripresa un pezzetto di potere patriarcale. E i tanti uomini che non hanno mai versato gli alimenti a mogli e figli, nonostante quello che la sentenza di separazione o divorzio aveva stabilito, potranno smettere di piagnucolare.