18 giugno 2018 – VENTOTTESIMA UDIENZA – PROCESSO CONTRO MATTEO CAGNONI PER IL FEMMINICIDIO DI GIULIA BALLESTRI
Dubbio è la parola di oggi ed è contenuta nella domanda che l’avvocato Trombini ha ripetuto più e più volte nella sua arringa in difesa di Matteo Cagnoni: è colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio?
E Dubbio è il titolo del film a cui abbiamo assistito in aula.
Il regista è l’imputato, che oggi è venuto in aula con una cartellina verde, anziché rossa e con la Maschera da Ascoltatore Attento. Plaudente con semplici cenni del capo o con un abbassar di palpebre.
L’unico interprete, l’avvocato Giovanni Trombini. Modula la voce con oscillazioni fra il falsetto e lo stentoreo. Un interprete che ha studiato bene il copione, condendo il tutto con improvvisazioni e pause di sospensione. Il tutto per cancellare l’immagine che qualcuno potrebbe essersi fatto di un Cagnoni violento possessivo e manipolatore che avrebbe ucciso la moglie per non lasciarla libera. Ha dato molto l’avvocato Trombini, anche abbondanti sudorazioni. Rammaricato dal clima ostile e supposti pregiudizi di stampa e opinione pubblica, cita De Gasperi: Tranne la vostra stima personale tutto è contro di me.
Il problema è che soggetto e sceneggiatura sono melensi. Verso la metà del film è entrato il Tarlo del Dubbio. Sul finale entrano due Assassini Anonimi, un vero colpo di scena.
Trama. Così come la racconta l’avvocato.
E’ la storia di un medico quarantenne affermato e di Buona Famiglia e di una donna sui trent’anni che lavora nell’azienda di famiglia. Si innamorano. Si sposano. Hanno tre bambini. Un matrimonio felice: lui lavora, lei cresce i figli. Tutto come nelle altre famiglie. Dieci anni dopo, lei si guarda indietro: ha quasi quarant’anni, la sua gioventù se n’è andata. Prova nostalgia. Melanconia. Tesoro mio, le dice lui, sei solo depressa, come succede alle donne verso i quaranta. L’uomo, da medico, sa. Vede la moglie in difficoltà: Tesoro, fatti aiutare. Consiglia antidepressivi, un amico psicologo, un terapeuta di coppia. Le prova tutte. Lei però è in crisi, non ci si trova più nel ruolo di madre e moglie, non s’accontenta di cene, artisti e viaggi. Cerca la libertà, vuole il suo spazio. Lui è un uomo all’antica, vuole una famiglia all’antica. Come la Famiglia di suo padre, suo nonno, forse il bisnonno. Lei si fa un amante segreto. Lo nasconde al marito, per nasconderlo a se stessa. La moglie si vuol separare. Lui è sotto choc, separarsi vuol dire che la Famiglia non sarà più la stessa, la donna amata, i bambini. E qui lui fa una cosa stupida: si disfa del patrimonio e assume un investigatore per seguire la moglie. E’ il momento più difficile per lui, ora è lui a volersi separare. Ma in quel momento quell’uomo non prova solo astio, ma amore. L’amore non si dimentica, i figli non si dimenticano. Marito e moglie si mettono d’accordo sulla separazione, senza litigare perché l’amore è sempre dentro di loro. Resta in sospeso un piccolo dettaglio: la moglie non deve vedere il suo amante fino alla fine della separazione. Quello stesso fine settimana, il venerdì, marito e moglie discorrono amichevolmente in pasticceria. Poi vanno a fotografare un quadro nella Villa dei Nonni. Dopo due ore escono. Lei s’avvia verso i giardini. Lui, solo in auto, la guarda dallo specchietto retrovisore. La vede allontanarsi portando con sé la fine del loro matrimonio. La Famiglia non sarà mai più unita.
Sono le undici di mattina, ma ci sarebbe stato meglio un tramonto arancione e nero con il quadro del Narciso.
Dov’è il movente? – s’inalbera l’avvocato Trombini irrompendo sulla scena – Mai emerse aggressività e violenza. Mai manipolazioni e possessività. Bugiarda Giulia, la sua amica Betta, l’amico Ioannis, l’amante Stefano. Confidenze enfatizzate per convincere e convincersi – l’avvocato così definisce i racconti di Giulia.
Già. Giulia la fabulante. Quella Giulia chiamata dal Professore bimba mia, dal Dottore tesoro, amore mio. Quella Giulia ha mentito a tutti. Sull’immagine di Giulia la Bugiarda, finisce il primo tempo.
Caffè e un goccio d’acqua.
Il film riprende con l’avvocato Trombini in veste di smontatore di prove: Con le prove non si bara, ci si confronta.
Entriamo nel cuore del Dubbio per svegliare il Tarlo.
Il giovedì precedente il femminicidio di Giulia, nessuno scende dalla Chrysler nera davanti alla Villa dei Nonni, nessun movimento indica che qualcuno sia sceso con un borsone con bastone, acqua distillata, cambio d’abiti, Timberland e stracci per pulire. La prova non dimostra che Matteo Cagnoni sia sceso dall’auto: al di là di ogni ragionevole dubbio.
I sacchetti, i cuscini, la borsa, il borsone, tutto ciò che ha scaricato venerdì a Firenze, nella Villa del Padre Professore non proviene dal luogo del delitto, delitto che Matteo Cagnoni non ha commesso.
E’ illogico che l’imputato si sia portato dietro dal luogo del delitto i due cuscini macchiati di sangue.
Perché non avrebbe fatto sparire tutto e subito?
Non c’è la prova che il giorno dopo il femminicidio, l’imputato sia tornato a Ravenna a pulire la Villa dei Nonni.
E domenica 18? Quando tutti sono preoccupati perché Giulia non si trova, Matteo, nonostante l’amore che ha dentro per lei, che fa? Non è più mia moglie, è libera di fare quello che vuole. Anzi che faccia quel che vuole, e adesso mi devo preoccupare, io? Voglio starmene qui (a Firenze da Mamma e Papà, anche se non passa un attimo con loro) in pace. Non siamo più marito e moglie.
In quei tre giorni, Matteo non fugge, perché, gli ha detto il suo amico e avvocato penalista Trombini: se sei innocente la fuga ha un solo segno, ti crederanno colpevole.
E’ vero, non fugge con un aereo per chissà dove, fugge da una finestra, quando sa che la polizia è entrata nella Villa dei Nonni. Ma è una fuga piccola, da panico, non da colpevole.
La scena della caccia all’uomo è da guardia e ladri nel boschetto dietro casa. Una caccia all’uomo la cui sola colpa è di essersi fatto i fatti suoi per due giorni. Invece la sua piccola fuga per gli inquirenti è la prova della sua colpevolezza.
La frase della vecchia confusa madre Vanna? Quella che dice alla polizia che la nuora è stata uccisa da un albanese tre giorni prima? Le sue parole non valgono, ha l’Alzheimer, eppoi la sua testimonianza non è stata firmata, cristallizzata.
Il Professor Padre viene indagato e poi prosciolto? E’ vergognoso, questo è un attacco alla Famiglia, un attacco ad un modo di essere.
Già. L’assunto della Famiglia: un matrimonio felice è quello dove lui lavora, lei cresce i figli.
L’avvocato Trombini beve un sorso d’acqua.
Un sospiro ed entra nella Villa dei Nonni. Vuole ricostruire la dinamica dell’omicidio sulle macerie delle tesi dell’accusa.
Prima le macerie.
Sull’allarme il dato non è certo. Inserito o no? Gli inquirenti hanno filmato cose diverse da come sono state trovate: la porta della terrazza era aperta.
Non sono sue le impronte delle mani sul muro e il frigo – afferma Trombini mentre instilla il Dubbio sulla prova regina dell’accusa – Chi può dire con certezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, che quelle impronte insanguinate siano di Cagnoni?
I dati oggettivi depongono a favore dell’innocenza di Matteo Cagnoni – secondo il suo amico avvocato.
Mah.
La ricostruzione della PM scricchiola – sostiene l’Avvocato senza Dubbi – una persona sola in un’ora non può aver aggredito, ucciso, ripulito.
Ora la ricostruzione.
E’ a questo punto che entrano in scena i due Assassini Anonimi.
Uno colpisce, l’altro pulisce. Colluttazione. Soffocamento. Giulia si rialza. Uno la insegue. Ci sono le impronte di due scarpe, che non sono né Hoogan né Timberland, ma imitazioni, simil; c’è un dna sconosciuto sotto le unghie di Giulia; le manate sporche di sangue non sono di una sola mano.
Un film che dura otto ore è davvero faticoso da seguire, tanto più se non avvince.
Però non ci si deve scordare che il diritto alla difesa è uno dei diritti fondamentali di ogni cittadino.
Penso ad una frase della mia edicolante: Ho sperato che non fosse lui.
L’omicidio di una donna è sempre una tragedia, ma una donna uccisa dal marito colpisce ancor più nel profondo tutte le donne.
Probabilmente perché, in tante, abbiamo vissuto la violenza all’interno delle nostre case da parte di mariti o padri.
Riconosciamo a pelle il potere distruttivo del maschilismo, la potenza delle manipolazioni, la strumentalizzazione dei figli.
Lo sappiamo perché viviamo la stessa violenza misogina ogni giorno anche nei posti di lavoro.
E quando un marito uccide la moglie che rivendica la libertà di vivere una vita nuova, capiamo subito che quello è un femminicidio.
Femminicidio è un termine che non esiste nel codice penale – sostiene Trombini – è sociologia.
Mi chiedo perché questa parola sia così ostica, soprattutto per gli uomini.
Il film Il Dubbio continua venerdì prossimo: aggravanti e crudeltà, gli argomenti della difesa ancora da trattare. Chiederà l’assoluzione di Cagnoni con formula piena per non aver commesso il fatto?
Venerdì, finite le repliche, la Corte si ritirerà in camera di consiglio per la sentenza.
Un brusio in aula, il pubblico si volta. Sta arrivando qualcuno…
Scusatemi, devo andare a vedere chi è.
Tornerò a riferirvi giovedì prossimo, 21 giugno, con un’edizione straordinaria delle’Ombre di un processo, la numero 32.
L’articolo è di Carla Baroncelli.