Sua madre è una ragazza emancipata d’inizio Novecento, così si autodefiniva e suo padre un geometra illuminista senza saperlo, che portava le figlie bambine a visitare città d’arte. Lidia Menapace è stata una giovanissima resistente durante la guerra di liberazione; ha avuto il grado di sottotenente, rifiutato poi assieme al riconoscimento economico subito dopo la guerra, come raccontato nel libro Resistè: non aveva fatto la guerra come militare – spiegherà – e ciò che aveva fatto non aveva prezzo e non era monetizzabile.
Attivamente pacifista, ha proposto la Convenzione permanente di donne contro tutte le guerre e la scuola politica sotto l’egida di Rosa Luxembourg, figura storica che invece Lidia Menapace ha non solo riscoperto ma anche attualizzato, arrivando a scoprirne le radici protoecologiste e animaliste (cfr. Donne disarmanti- storie e testimonianze su nonviolenza e femminismi 2003).
Pressoché unica a ricordare alle generazioni più giovani il lavoro di Alma Sabatini, che cita sempre quando parla della necessità di sessuare il linguaggio, generosa con chi le ha chiesto di partecipare anche in luoghi sperduti a dibattiti e incontri, sempre disponibile a scrivere e a condividere i suoi materiali.
UDI Ravenna manda i suoi più calorosi auguri ad una donna che ha combattuto con corpo e ragione e che rappresenta l’anima femminista dell’Italia del dopoguerra, che per lei è da sempre il territorio concreto, abitato, che può allargarsi a comprendere perfino tutta la terra, ma si tratta sempre di una terra che è tale in quanto incessantemente percorsa da donne e uomini e dalle loro umanissime vicende.