16 marzo 2018 – DICIOTTESIMA UDIENZA PROCESSO CONTRO MATTEO CAGNONI PER IL FEMMINICIDIO DI GIULIA BALLESTRI “Si vedeva che aveva pene d’amore”. Così sembrava l’imputato sabato 17 settembre 2016, la sera successiva a quella del femminicidio di Giulia. Lo dice un suo amico di Firenze, sentito oggi dalla corte. Racconta di una pizzata improvvisata a casa sua, quel sabato sera. “Sapevo della separazione, era giù, affranto, ma non ho notato un atteggiamento particolarmente nervoso, forse amareggiato, si vedeva che aveva pene d’amore” (Sigh). Poi il teste ricorda una cena dove c’era anche Giulia, in novembre del 2015: “Fu una serata molto bella, vedevo l’amore fra loro, non notai nessun problema, erano una bella famiglia”. Clic.
La fotografia da mettere nell’album. In quel momento la coppia era già in crisi da mesi, ma i pensieri non rimangono impressi né sulle pellicole, né fra i pixel. Oggi, per la diciottesima udienza, è di scena il Come. Come è stata uccisa Giulia Ballestri? Affrontare il Come è così pesante che il raccapriccio azzera il fiato. L’imputato invece dondola le gambe, come quel venerdì mattina in pasticceria con Giulia, qualche ora prima che fosse uccisa. Sento il fastidioso stridio delle suole delle sue scarpe. Il consulente delle impronte, Musio, per la famiglia Ballestri, dimostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, che le impronte di sangue sul muro e sul frigo sono soltanto dell’imputato. Un palmo destro, uno sinistro e un pollice. Compatibili con un mancino, com’è l’imputato. Il consulente, l’anatomopatologo Nannini, ha portato l’inoppugnabile verità scientifica. Ha dimostrato il Come. Copro i dettagli. Non posso e non voglio scriverli.
Il colpo col bastone, sul ballatoio, stordisce Giulia. A tratti è priva di coscienza, a tratti tenta di fuggire. Il femminicida potrebbe fermarsi lì. I colpi non sono mortali. Invece no. Non finisce lì. Nei successivi trenta, quaranta minuti c’è un vuoto scientifico sul come si siano succedute di preciso le azioni. Bastano le striature, gli schizzi, le impronte per supporre ciò che è accaduto. Il risultato non cambia. Gli ultimi quindici minuti della tortura di Giulia, sono il finale peggiore. Un finale stampato su un’altra fotografia. E’ il viso di Giulia, così come è stato trovato sessanta, settanta ore dopo dagli inquirenti. Vorrei ringraziare personalmente il Presidente Schiaretti per non averla fatta vedere in aula. L’abbiamo già vista una decina di udienze fa e l’abbiamo tutti ancora dentro. Su questa fotografia si chiude il sipario. Crudeltà? Efferatezza? Le aggravanti sono ampiamente dimostrate, come voleva l’avvocato Scudellari. E il Perché? Il perché sta in quell’ora. Dall’aggressione alla morte. Il Perché sta nell’audio di quell’ora. Nell’audio che manca nelle fotografie e nelle ricostruzioni scientifiche. Il Perché sta nelle parole e nei pensieri che il marito urla alla moglie per quasi un’ora. Molte le sappiamo già: mi hai disonorato, ti porto via i figli, l’amante, l’onore, il tradimento. Le altre parole le possiamo immaginare. Sono quelle che molti uomini urlano alle loro mogli o compagne che li vogliono lasciare, perché cercano un’altra opportunità di vita. Indipendentemente che ci sia un’altra relazione di mezzo. Le aggressioni verbali maschili sulle donne a base di sessismo sboccato, lo sappiamo bene, intimoriscono, offendono e mettono la donna in stato di subalternità, di inferiorità. Anche passività, come nel caso di Giulia, così dice il consulente. Non si è difesa. Ha cercato disperatamente di fuggire. Sento risuonare il suo No. No. Un No incredulo: eppure lui aveva giurato sulla testa dei suoi figli che non le avrebbe fatto del male. Il No è sempre più roco. Fino al silenzio totale. Chi l’ha uccisa voleva che soffrisse il più lentamente possibile. Crudeltà e vendetta. Più di un teste, amici e non, in questo processo, hanno ricordato la vendicatività dell’imputato di fronte ai torti subiti, “da doverne star attenti”. La vendetta è una manifestazione di fragilità. Soprattutto maschile. Di chi non vuole perdere, di chi pretende di aver ragione. Sempre. Vendetta. Penso all’ultima fotografia di Giulia. La nudità del corpo. Perché, a quanto pare, è anche stata costretta a spogliarsi completamente. Quella nudità mi pare l’ultimo sfregio, l’oltraggio più perfido. Perseguitata e beffata. Esposta al pubblico ludibrio. Spoglia. Disarmata. Vinta. Posseduta fino alla morte.
Nei moventi che stanno dietro agli omicidi sono quattro le componenti psicologiche: il piacere, l’odio, il vantaggio personale, la vendetta, appunto. Ma mentre i primi tre si possono tenere sotto controllo con l’etica e l’educazione, “il desiderio di vendetta sfugge ad ogni contenimento perché il soggetto lo ritiene soprattutto giusto e doveroso'” (tratto da una intervista pubblicata sulla rivista Polizia e Democrazia). Ricordo che l’imputato poco dopo la carcerazione disse al padre: “E’ come se giustizia sia fatta!”. Nessuno di questi moventi è di per sé un reato da codice penale.
Non so per quale associazione mi è venuto in mente che il Professor Padre e altri membri della stessa famiglia Cagnoni, tranne l’imputato, sono Fratelli tutt’ora affiliati alla massoneria. Mi è capitato di leggere qualche tempo fa una intervista al Gran Maestro, Stefano Bisi, del Grande Oriente d’Italia. Alla domanda sul perché la massoneria discrimini le donne e perché sia a loro vietata l’iniziazione, così ha risposto: “Noi veniamo dalla tradizione dei costruttori di cattedrali medievali, tra cui non c’erano donne. Inoltre, il Grande Oriente d’Italia ha il riconoscimento, reciproco, di circa 200 comunioni massoniche straniere, senza donne. Comunque, la possibilità di far entrare donne non è in cantiere”. Sveglia! Dall’uscita dal medioevo ad oggi, Esimi Professori, sono passati settecento anni! Invano? Per chi si è perso l’Era moderna, il Rinascimento, l’Illuminismo, la Rivoluzione Francese (e di conseguenza l’avvio della grande stagione delle lotte per il diritto di voto alle donne): in ogni edicola vendono fascicoli settimanali a poco prezzo. Nella prossima udienza incomincerà a srotolarsi in aula ‘La Verità secondo Matteo’. L’esame in aula. Chi spera che prima o poi il povero (lui sì, ‘povero’, non Giulia) Cagnoni confessi, è meglio che non si faccia illusioni. La famiglia patriarcale inghiotte tutto e tutto digerisce. Omicidi, amanti, tresche, suicidi, tranne il disonore. La regola è che nulla deve trapelare all’esterno. L’onore non si deve toccare. Costi quel che costi. L’Onore si difende fino alla morte. Altrui.