di Carla Baroncelli
12 giugno 2018 – VENTISEIESIMA UDIENZA – PROCESSO CONTRO MATTEO CAGNONI PER IL FEMMINICIDIO DI GIULIA BALLESTRI
La Maschera del Vedovo Inconsolabile. E’ la frase di oggi.
Pennellata, è invece la parola più bella pronunciata dalla Pm. Non usa linguaggi guerreschi o calcistici per farsi ascoltare., come spesso fanno avvocati, giornalisti e politici.
Pennellate sono le contraddizioni e le bugie dell’imputato.
Pennellate sono quelle della logica, usate da Cristina D’Aniello per smascherare quelle bugie.
Sono le nove e quaranta e lui non c’è … non arriva … anche il suo avvocato non sa niente.
L’udienza incomincia e Matteo Cagnoni non si presenta.
Sollievo generale.
Il solo vederlo inquieta.
Le sue maschere cambiano ogni volta e le indossa alla bisogna. Anche in aula, figuriamoci quando era libero.
Ma oggi non è venuto in aula.
Oggi è di scena la requisitoria finale della pubblica accusa, rappresentata dalla dottoressa Cristina D’Aniello, che di maschere non ne indossa.
Indossa una toga, che non è una maschera.
Una toga simile a quella del Procuratore capo, del Presidente, del giudice a latere, dei membri della Corte, degli avvocati. Quasi tutti uomini, tranne cinque della giuria popolare e tre avvocate delle parti civili.
Una signora del pubblico ha definito la Pm, durante una pausa: Una donna con le palle!
Signora, non è questione di attributi fisici, è una questione di genere.
In ogni statistica le donne dimostrano di essere più preparate, più concrete e sensibili. Danno più attenzione alle persone, sono più empatiche. Insomma hanno delle risorse diverse dagli uomini, pur avendo meno diritti, meno opportunità. Più obblighi.
La dottoressa D’Aniello ha qualcosa di molto preciso da dire: Ogni dato scientifico è importante, ma va calato nel caso di cui ci occupiamo.
E questo, aggiungo io, non è un caso qualsiasi. E’ un caso di femminicidio. E questo fa differenza.
La toga che la Pm indossa le dà il potere di parlare ed essere ascoltata. L’Autorevolezza.
A differenza di tanti togati, le sue parole sono pregne di umanità femminile, ben lontane da una pietas bigotta.
Cristina D’Aniello non dice mai parole neutre.
Esordisce: Non esistono delitti perfetti, ma indagini perfette.
E sottolinea: Il lavoro brillante e senza sosta di donne e uomini che hanno investigato fra Ravenna, Firenze e Roma non per trovare in Cagnoni il colpevole, ma per dare una risposta di giustizia a Giulia e alla sua famiglia.
Chi può mai iniziare una requisitoria in questo modo, se non una donna?
E continua: Le uniche persone che con i familiari e gli amici più cari, hanno mostrato Pietas per Giulia.
Giulia è una testimone qualificata. Attraverso le parole riportate dai testimoni.
Giulia testimone qualificata.
Non è più solo la vittima da compiangere.
Non basta nascondersi dietro una Maschera da Vedovo Inconsolabile.
La Pm argomenta con le prove tecnico-scientifiche: Urlano elementi probatori nei confronti di Matteo Cagnoni.
E li dimostra tutti Cristina D’Aniello gli elementi su cui si fonda l’accusa: la volontarietà, la premeditazione, la crudeltà, l’occultamento.
Con una ricostruzione precisa al secondo, intersecando orari e frasi dell’imputato, smaschera le sue spiegazioni illogiche.
Inverosimili.
Lo scenario che ne esce è peggiore di qualsiasi incubo onirico.
Il patimento di Giulia è palpabile.
E avanti con alcune puntualizzazioni. Per cinque ore.
Due sono le persone scomparse: Giulia a Ravenna e Matteo a Firenze. Chi ha abbandonato il tetto coniugale? Giulia che resta a Ravenna o Matteo che scappa coi figli a Firenze e dopo tre giorni scappa dalla finestra della villa del padre, prima che qualcuno gli abbia detto che Giulia è morta.
Non poteva saperlo se non fosse stato lui. – afferma la D’Aniello – Matteo sa che Giulia non risponderà più a nessuno.
Ha sbagliato i tempi: sa che Giulia è stata uccisa prima che la notizia arrivi a Firenze. Così fa sbagliare anche sua madre: dice alla polizia, in cerca di suo figlio che Giulia è stata uccisa a Ravenna da un albanese. Ma quella era la bugia, forse concordata, da dire nel caso in cui il corpo di Giulia fosse stato trovato prima di averlo potuto far sparire, magari murando la cantina. Ma non prima che lo sapessero gli inquirenti.
Un flash raccapricciante: Matteo chiamava la Villa dei morti, dei fantasmi, degli spiriti, la casa di via Genocchi, dove è stata uccisa Giulia. Un tentativo inconscio di esorcizzare la paura di quel luogo?
La D’Aniello apre il capitolo bugie. Bugie Le pennellate di Matteo Cagnoni.
Bugie all’amica, all’amico, alla segretaria, al Toniolo di Bologna. Disdice appuntamenti perché: è successa una tragedia, per problemi familiari, un grosso guaio.
La verità dell’imputato prima e dopo l’inizio del processo? Matteo Cagnoni aggiusta le bugie. Accomoda le bugie con altre bugie.
Non è fabulante, Giulia, come sostiene Matteo Cagnoni. Lo dice perchè ha paura.
Le frequenti insinuazioni dell’imputato che Giulia avesse un secondo amante? Poco credibili, visto che la faceva già pedinare. Questa non è solo una bugia. Mente sapendo di mentire. Ma resta il fatto che è’ offensivo nei confronti di Giulia, e non è la prima volta – dice la D’Aniello, prima di aprire il capitolo sulla crudeltà.
Sulla ferocia con cui si è accanito: Voleva spaccare quella testa, eliminare quel volto, eliminare Giulia Ballestri. Lui medico – continua la D’Aniello – avrebbe dovuto riconoscere che Giulia stava agonizzando e l’ha lasciata lì. La cantina buia, infestata da topi, le finestre chiuse. Priva di luce.
Anche uccidere una donna nuda è una crudeltà.
E’ la pennellata della Pm, con la quale risponde alle pennellate dell’imputato.
Avrei voluto applaudire, tanto mi è sembrato importante che l’avesse sottolineato.
E’ stata data voce all’umiliazione di una donna anche dopo la morte.
E’ una questione di parole. In particolare in questa udienza ho sentito un’attenzione rispettosa della dignità delle donne.
Sarà perché la Pm è una donna? Una donna che non ha bisogno di palle?
L’udienza si conclude alle 18.
La D’Aniello ha altri argomenti da illustrare e deve concludere la requisitoria con pena per l’accusato.
Non è che l’imputato si sia assentato oggi per non sentirle pronunciare la parola ergastolo? Se così fosse dovrà mancare anche la prossima udienza, il 14 giugno.
A meno che non venga con la Maschera da Vedovo Inconsolabile.
Ma la Pm ormai l’ha già svelata: Quella maschera serve per nascondere che la morte di Giulia è stata una tragedia per lui.
E la Maschera del Vedovo Inconsolabile? Quella che indossava nell’interrogatorio del Gip di Firenze alla convalida dell’arresto?
Se si fosse avvalso della facoltà di non rispondere – la Pm ne è convinta – metà elementi di questo processo non sarebbero venuti fuori.
Perché non è stato zitto?
Ah, già, solo le donne della Famiglia devono tacere.